Ogni fotografo utilizza le tecniche che ritiene diano forma alle proprie idee e alla propria visione nella maniera più efficace. Quando scatto una fotografia, compio questo gesto perché l’ambiente circostante mi ha suscitato un’emozione e voglio rendere visibile tale emozione nel mondo esterno. Il mezzo utilizzato per esprimere se stessi non può essere quindi considerato come un aspetto puramente meccanico, poiché diviene il prolungamento materiale del proprio spirito e di tutto quello che ci dà la vita. E questo, inevitabilmente, si fonde anche con il nostro modo di vedere le cose.
Ritengo che il bianco e nero sia per me – e sottolineo per me – il mezzo che meglio manifesta nella realtà il mio sentire. Il colore sfrutta le cose ovvie, e noi non dobbiamo imparare a vedere a colori. Con il bianco e nero la ricerca è più profonda, la visione è più raffinata, faticosa e sofferta anche perché richiede di guardare in modo differente da come guardano i nostri occhi e da come vede il mondo il nostro cervello.
Ho sempre avuto dei maestri nella vita. Maestri che, in definitiva, ho scelto semplicemente perché la loro visione e il loro modo di agire, il loro “occhio interiore”, erano uguale ai miei e che con la loro esperienza, la loro bravura e la loro opera mi hanno ispirato e guidato. Questo è valso tanto per l’alpinismo quanto per la fotografia.
Quando ho avuto la fortuna di poter osservare le stampe originali di Edward Weston, di Ansel Adams e di John Sexton, sono rimasto stupefatto dalla loro purezza, vitalità e senso di perfezione.
Ho deciso con l’istinto, immediatamente, senza alcun dubbio, folgorato da una gioia esaltante, che quello era il modo con il quale anche io volevo manifestare il mio animo. Quello e nessun altro. E così la mia vita è cambiata ancora una volta. E le montagne, benevole e comprensive, mi hanno incoraggiato e lasciato abbracciare un vivo e sensuale foglio di carta ricoperto da sali d’argento.
Gallery fotografica: Bianco e Nero