È mia opinione che la stampa tradizionale in bianco e nero ai sali d’argento dia risultati ancora molto superiori rispetto a quelli ottenibili con la stampa digitale. Per questo continuerò, fino a quando sarà possibile, a fotografare e a stampare con il classico negativo e le classiche carte da stampa. Inoltre, per me è fondamentale anche il rapporto tattile, direi quasi di interazione fisica, che posso avere con il mezzo tradizionale e che è impossibile avere con quello digitale.
Per quanto riguarda i negativi, oggi uso esclusivamente pellicole Kodak T-Max 100 e 400 ASA che poi sviluppo con il Kodak T-Max RS. Al momento dell’esposizione, per le misurazioni delle luminanze, utilizzo un esposimetro spot a luce riflessa basandomi sui principi del Sistema Zonale.
Anche per la pellicola vale il discorso fatto più in generale per l’attrezzatura fotografica: non penso ci sia un negativo migliore o peggiore di altri. Sono tutti di ottima qualità, magari con caratteristiche diverse, comunque in grado di fornire i migliori risultati possibili. Ognuno poi è giusto scelga in base ai propri gusti e alle proprie finalità.
Ritengo fondamentale però imparare a conoscere molto bene il proprio materiale lavorandoci per mesi o, meglio ancora, per anni. Sperimentare va bene, ma la troppa sperimentazione può generare confusione. Soltanto oggi, dopo anni in cui ho utilizzato esclusivamente la T-Max, posso dire di incominciare a conoscerla bene e di essere in grado di prevedere in anticipo come si comporterà nel procedimento esposizione-sviluppo-stampa.
E bisogna sempre considerare che le variabili che si possono introdurre, modificando anche radicalmente il risultato finale, sono moltissime. Per esempio, basta cambiare il tipo di sviluppo e, sempre con la stessa pellicola, avrò risultati diversi. Stesso discorso per il tempo di sviluppo, il tipo di agitazione, la diluizione dello sviluppo, lo strumento utilizzato (bacinella, tank, sviluppatrice rotante tipo Jobo), eccetera.
Come ho già detto, considero la stampa del negativo come il momento più creativo dell’intero processo fotografico. Con l’esposizione del negativo, invece, devo impegnarmi al meglio per ottenere un punto di partenza che mi dia le maggiori e migliori informazioni possibili. Dovrò stare perciò molto attento al momento dello scatto: in fase di stampa non potrò infatti più correggere un errore di esposizione del negativo, una sfocatura o una composizione poco felice (e spesso avrò anche una sola possibilità di ripresa), e il procedimento di stampa sarà comunque determinato dai contenuti del negativo.