L’attrezzatura fotografica oggi disponibile sul mercato è tutta di eccellente qualità. I progressi della tecnologia negli ultimi decenni hanno dato ai fotografi la possibilità di disporre di superbi obiettivi e di fotocamere in grado di compiere meraviglie e di ottenere una qualità come mai è stato possibile in passato.
Ritengo che non ci siano differenze tra la miglior macchina, o il miglior obiettivo, della marca X rispetto a quelli della marca Y. Si tratta soltanto di dare libero sfogo alle proprie simpatie personali e di saper valutare quale sia l´uso migliore che si può fare con un tipo di macchina fotografica rispetto a un´altra. Se, per esempio, utilizzerò un banco ottico 8×10 pollici per fotografare una gara automobilistica di Formula 1, è probabile che avrò molti più problemi e risultati più scadenti di chi invece userà una velocissima e maneggevole autofocus 24x36mm. Viceversa, se vorrò ottenere delle stampe a contatto di estrema bellezza, con una stupefacente scala di grigi e una definizione massima, il banco ottico 8×10 potrà essere la miglior soluzione.
Lo stesso discorso si può fare per quanto riguarda il confronto tra la fotografia digitale e quella tradizionale. Non esiste un mezzo superiore all’altro o una tecnica migliore o peggiore: ci sono solo situazioni in cui è preferibile scegliere un modo di lavorare, o una particolare attrezzatura, rispetto a un’altra.
Oggi, per il tipo di fotografia che pratico, ritengo che la mia Linhof Master Technika 2000, che utilizza pellicole piane di formato 4×5 pollici (circa 10×12 centimetri), e i miei obiettivi Schneider, Rodenstock e Nikkor, siano quanto di meglio possa usare.
È con questa fotocamera e con questi obiettivi che ho scattato le immagini in bianco e nero contenute nelle photogallery di questo sito, ed è con questa fotocamera che ho realizzato le fotografie a colori di Omaggio alle Alpi e di Sulle Vette delle Alpi. Se però utilizzassi una Hasselblad 6×6 centimetri, so che le potenzialità del mezzo mi consentirebbero risultati altrettanto eccellenti. In conclusione, è sempre l’essere umano che fa la differenza: il “segreto” è riposto in noi stessi, non negli strumenti che utilizziamo.