Una buona macchina fotografica e dei buoni obiettivi sono certamente importanti per ottenere ottimi risultati, ed è comunque sempre preferibile disporre di attrezzatura di qualità superiore rispetto ad altra più scadente. Tuttavia, troppo spesso il fotografo tende ad attribuire al livello di attrezzatura di cui dispone un’importanza eccessiva.
Ricordo che, dopo aver comperato l’obiettivo del mio ingranditore, uno dei migliori disponibili sul mercato, ottenevo stampe che proprio non mi piacevano. Sono stato spesso tentato di comperarne uno nuovo di una marca concorrente perché ero convinto che così, finalmente, avrei potuto ottenere le stampe che volevo. Ripetendomi in continuazione una massima del mondo della montagna, “non è importante lo scarpone ma il piede che c’è dentro”, resistevo al fortissimo impulso di acquistare il nuovo obiettivo e continuavo a lavorare con il mio “vecchio” cercando di migliorare invece la tecnica di stampa. Un giorno, finalmente, ho incominciato a ottenere i risultati che desideravo, superando i problemi che attribuivo all’obiettivo e che invece dipendevano esclusivamente da mia incapacità.
È certamente più comodo cercare le cause dei propri insuccessi nell’attrezzatura. La realtà dei fatti, purtroppo, è spesso diversa, e per ottenere dei buoni risultati è necessario invece molto tempo, molto lavoro e altrettanta fatica. Quando oggi sono ancora tentato di comperare l’ultimo ritrovato della tecnica, illudendomi che ciò possa contribuire a risolvere questo o quel problema, penso alla macchina fotografica (e all’obiettivo) che Edward Weston utilizzò negli anni Venti durante il suo soggiorno in Messico e che ho visto su una fotografia di un libro. Si tratta di un’attrezzatura che oggi nessuno di noi si sognerebbe di usare – di certo l’obiettivo non aveva il trattamento antiriflesso né era apocromatico o asferico – ma che ha dato vita a fotografie ancora oggi insuperate per qualità e bellezza.